Mio figlio adesso ha 9 anni ed è sempre stato un bimbo molto sensibile.
Quando era piccolo aveva dei comportamenti un po' diversi rispetto ai suoi coetanei: non giocava con gli altri bambini, non faceva la lotta e amava stare in casa piuttosto che al parchetto.
Non amava lo sport, nè i compiti, nè andare al luna park.
Ho passato anni pensando (forse, sperando) che fosse solo timido, poi osservandolo bene mi sono accorta che aveva paura: paura di mostrarsi, di parlare, di farsi vedere, paura del mondo che lo circondava.
Io cercavo di dargli fiducia, di passare tanto tempo di qualità con lui e di parlargli di queste fobie, ma non vedevo segnali di miglioramento e non sapevo più come aiutarlo perchè iniziavano a limitarlo nella vita di tutti i giorni e sentivo che era ora di correre ai ripari.
Un giorno, per caso, mi sono imbattuta in un volantino che diceva:
"…nella fragilità si nascondono valori di sensibilità..." e mi sembrava stesse parlando proprio di lui.
Andando avanti a leggere ho capito che era il volantino pubblicitario di una pedagogista che si offriva di aiutare i bambini a trovare il proprio metodo di studio. Era estate e mio figlio ciondolava da una stanza all'altra senza meta... A sette anni non gli bastava più fare i biscotti e il bricolage per riempire la giornata, ormai era più esperto di me e in due minuti finiva!
Così decisi di andare a conoscere la signora Giovanna Rodolfi nel suo Studio DiSegni a Parma, per capire che tipo di persona fosse e che emozioni trasmetteva l'ambiente in cui avrebbe accolto il mio bambino, che per certi versi era ancora "piccolo".
L'ambiente dello Studio DiSegni era coloratissimo, pieno di giochi in scatola educativi e con un bellissimo angolo morbido. Mi ricordava un po' una scuola materna, ma con libri e attività per bambini un po' più grandi. Era perfetto!
Poi ho conosciuto la signora Giovanna: solare, dolce, comprensiva nei miei mille dubbi e soprattutto COMPETENTE, perchè io sotto l'aspetto educativo sono veramente pignola.
Io lavoro coi bambini e so che nn dev'essere mai visto come un lavoro, perchè i bambini se ne accorgono subito se tu sei lì per loro e se ti piace la loro compagnia.
Ho portato Stefano da Giovanna senza caricarlo troppo di aspettative e informazioni che lo avrebbero solo spaventato, mi limitai a dire: "Ho conosciuto questa signora che può aiutarti a fare i compiti, ma nel suo studio ci sono tanti giochi vedrai quante cose belle potrai fare... quando non ti va di studiare ha detto che puoi usarli!"
Perchè il gioco non è tempo perso, grazie al gioco si instaurano rapporti profondi e dialoghi importanti, si può parlare delle proprie emozioni e chiedere ai grandi tutto quello che non si sa.
Il gioco mette il bambino in uno stato di quiete che lo porta a pensare non solo a quello che sta facendo in quel momento, ma anche ad inquadrare il mondo intorno a lui.
Giovanna sapeva quali erano le nostre grandi difficoltà (e dico "nostre" perchè siamo noi genitori che a volte non capiamo i nostri figli) e quindi usò un approccio graduale con Stefano, non gli fece mille domande e non lo caricò di compiti, non avrebbe avuto senso; Giovanna chiese a Stefano quale gioco avrebbe voluto provare e si mise con lui a farlo con lentezza, dolcezza e qualche battuta.